La Plasticità del Colore
AUTORE: Paolo Levi
Enzo Prestileo al primo approccio visivo può trarre in inganno uno spettatore superficiale. Egli infatti potrebbe apparire come un continuatore della tradizione metafisica italiana, mentre tutt’al più i suoi dipinti emanano il silenzio di una presenza-assenza, dove ci si avvicina alla realtà solo per esserne immediatamente respinti, e dove si approda infine in un universo fatto di geometrie oggettive di felice bellezza cromatica.
Da tre decenni circa non solo l’Italia ma l’Europa intera e gli Stati Uniti hanno visto occupare il panorama dell’arte da parte di quelli che chiamerei i mâitres à penser della visione, che hanno sconvolto i canoni e i linguaggi tradizionali in una sorta di curiosa operazione-spettacolo dove la pittura è stata sostituita dalla fotografia oppure dal video. È quindi un personaggio anomalo Enzo Prestileo, in quanto si contrappone agli eventi di un’avanguardia momentaneamente vittoriosa. Egli entra in scena senza lasciarsi assolutamente intimorire, e riprende la barra del timone là dove l’avevano lasciata i pittori del Novecento, quelli che predicarono e applicarono il ritorno all’ordine dopo la buriana futurista. Enzo Prestileo è un maestro della pittura, ancora giovane di età, ma dallo spirito antico che si muove con il silenzio garbato e civile di chi crede nell’artigianato meraviglioso del segno e del colore, di chi ha la coscienza dei valori cromatici, degli infiniti passaggi che rendono vibrante la materia per narrare figure, nature morte, silenzi che partecipano al dipinto nella sua emblematicità, nella sua stessa ombra misterica.
La pagina pittorica di Enzo Prestileo è dunque quadro, pensiero, serena meditazione, contemplazione di un reale non sempre afferrabile, dove la soggettività cede sì il passo alla fredda naturalità dell’oggetto, ma dove la superficie pittorica viene mitigata da una tattilità plastica che emana, soprattutto per ciò che riguarda il nudo, il senso di una calda sensualità.
Ci troviamo di fronte a una individualità quanto mai marcata, che opera in condizioni non facili, in quanto la sua pittura non può che aprioristicamente essere condannata da coloro che considerano non più affermabili gli antichi valori che la sottendono. Nell’arte contemporanea, e noi lo sappiamo bene, ognuno ormai viaggia per proprio conto, e non c’è nemmeno più lo spazio per aggregare in correnti o in movimenti ideologici gli artisti, i critici e il mercato. E se neppure esiste più quel gioco delle parti che è sorto alla fine degli anni Sessanta con l’arte concettuale, e se quello che rimane è solo più anarchia e dispersione, allora dobbiamo essere grati a questo artista che si è armato di tavolozza e pennello alla maniera antica, che si è prefisso lo scopo di ancorare il bello alla forma, alla preziosità di una ricerca formalmente ineccepibile, e di situarsi in una sorta di neoclassicismo antiromantico
Si può cogliere nelle opere di Prestileo l’esigenza di guardare l’oggetto-corpo e l’oggetto-natura morta con lo spirito indagatore di un critico razionale, persino direi cartesiano. Come recitava in una splendida poesia il poeta tedesco Bertolt Brecht, noi viviamo in tempi oscuri, e la tirannide della massificazione che la cultura contemporanea è costretta a subire affonda le proprie radici nella perdita delle certezze e dei valori, in quel pensiero debole dal quale è impossibile ricavare crescita interiore o saggezza: la sensazione che spesso ci pervade è quella di precipitare per la perdita di appigli, per l’impossibilità di aggrapparci a quello che oggi il mondo dell’arte ci propone. Così questa voce solitaria, che ha il merito ai nostri occhi di dimostrare che è ancora possibile lavorare nella continuità rispetto al passato, e che sa costruire razionalmente una narrazione pittorica squisitamente mentale, ci propone un’indiretta critica alla contemporaneità, evitando di partecipare a quella soggettività minimalista e viscerale che è così tipica del paesaggio culturale contemporaneo. Pittore della tavolozza assolutamente pulita, esecutore meditativo di opere che emettono una tipologia di informazione al di fuori del tempo e della storia, Prestileo espone un impegno legato alla qualità. Egli si muove nella dimensione e nello spazio statico di una fredda e calcolata architettura, dove ci si può soffermare nella let tura e nella contemplazione, dove lo sguardo non scivola mai nello squilibrio, dove non c’è spazio per l’errore, e dove gli slittamenti compositivi sono del tutto preordinati in un costrutto che rivela la tensione creativa e la sapienza cromatica.
Nella pittura degli anni Venti solo in parte la ricerca risolveva la problematica della riconoscibilità dell’oggetto. Pensiamo ai rovelli di Morandi, all’oggettività del suo mondo figurale, al suo ordine pittorico che si motivava in una sorta di filosofia etica spinta fino all’ascesi. Per parte sua, il nostro pittore non è un filosofo, ma piuttosto un meditativo controllato a cui interessa che l’oggetto rimanga statico nella chiusura emblematica dello spazio. Egli è indubbiamente un caso anomalo, che realizza la ragion d’essere della sua pittura nell’atto manuale e artigiano, come continuità di un’esperienza storica dove vengono raccontati corpi e oggetti, ovvero la fenomenologia del quotidiano intrisa di malinconica e distaccata immediatezza.
Nato a Massa Lubrense vicino a Napoli nel 1957, Prestileo ha notevoli doti teoretiche, anche se non ci risulta che egli abbia scritto dei manifesti ideologici per la riabilitazione della pittura, per ricreare un movimento, o per avere intorno a sé discepoli. C’è tuttavia un’intenzione etica nella sua meditazione sul figurale come senso del vero e del bello, come ritorno e rinnovamento del senso racchiuso nell’emblematicità contenutistica dell’immagine, nella concretezza di un lavoro intellettuale rigoroso, che ha la forza di una pagina scritta con la grafia della pittura, che si esplicita con la tensione emotiva e vibrante del colore.
Tuttavia in casi come questo non devono esserci margini di errore, in quanto potrebbe essere facile cadere nel letterario o, quanto meno, nell’autoreferenzialità, ovvero in una dialettica chiusa su se stessa. Prestileo ne è perfettamente cosciente e quindi evita con accuratezza questa trappola attraverso l’attenzione continua che egli pone alla stesura e alla tessitura di ogni sua opera, che sempre viene giocata come una scommessa continuamente rinnovata con se stesso e con chi guarda. E ogni volta la trasparenza del colore, il gioco calibrato delle ombre, la sapienza tonale concorrono a consolidare l’asciuttezza della materia, che si propone come emblema di saggezza e di misura.
Riportandosi dunque al periodo degli anni Venti, quelli contrassegnati dal ritorno all’ordine, con opere come Composizione con uva del 1996 oppure con Secchio di limoni del 1998, egli mette a punto il suo indagare fra la fuggevolezza del momento visivo e la precisa spettacolarità scenica dell’immagine - indagare che si traduce in una vera e propria fusione fra due opposte pulsioni, quella dell’immediatezza e quella dell’architettura testuale meditata a priori. Il dualismo fra assenza e presenza, al di fuori di facili contaminazioni e richiami al presente o al passato, si fa costrutto luminoso dove è primario il sentimento dello scorrere del tempo, e dove per contrasto è l’ombra a rappresentare il canto segreto che sgorga, forse, dagli stati d’animo dell’artista o dalla sua stessa autobiografia.
In dipinti come L’appuntamento, Intimità oppure L’Attesa sembra che l’artista ribadisca la sua volontà di respingere qualsiasi tentazione illustrativa, e che voglia condurre l’osservatore a farsi partecipe di quella sensazione struggente che è la materia stessa di una memoria ritrovata. La seminudità in opere come Abbandono e Nostalgia si sublima poi in una sorta di rappresentazione sacrale dove la suggestione formale e plastica della figura femminile amplifica e dilata la percezione di una sensualità controllata.
Enzo Prestileo con coerenza in tutti questi anni ha imboccato senza tentennamenti la via non facile della natura morta e del nudo, che non vanno tuttavia intesi come esercizi di stile, ma come l’autentica riappropriazione di un genere alla maniera degli antichi maestri. Ma in effetti le sue nature morte godono sempre di una sorta di processo di astrazione, quasi che egli volesse riportare sulla tela racconti conclusi nello spazio del sogno, dove quindi gli elementi della natura sono accessori. Limone nel piatto del 2001, Le con chiglie del 2001, Natura morta con conchiglia del 2001, Fichi d’india del 2002 sono scelte non casuali né dovute a un calcolo squisitamente decorativo: la natura morta è qui un problema estetico da risolvere, un gioco contrappuntistico fra oggetto e soggettività poetica, una forma dalle variabili cromatiche che risulta da una profonda meditazione sul rapporto spaziale. Ne risulta una sorta di aristocratica purezza, che rende la composizione curiosamente incomunicabile nella sua classica compostezza, come se fosse avvolta dall’atmosfera sospesa di un sogno.
Giorgio Morandi dichiarava che non c’è niente di più astratto del mondo reale. Enzo Prestileo pone alla sua coscienza di pittore l’assioma morandiano come un problema ancora aperto, per cui non si ritrae mai di fronte alla sfida che gli propone l’approfondimento semantico dell’oggetto reale e, eludendone l’intrinseca evanescenza, restituisce l’essenza della realtà tramite uno stile depurato ed emblematico, che tuttavia si tiene ben discosto dall’iperrealismo decorativo tipico di certa pittura della fine degli anni Settanta. Con la grande tela Rosaria e Michela del 2002 Enzo Prestileo affronta in modo definitivo la definizione stessa della fisicità dell’immagine, e risolve il problema senza esasperarne il costrutto, ma trattando il pigmento come mezzo di comunicazione visiva, come misura primaria del valore figurale. Lo spettatore è messo quindi nella condizione di riconoscere gli infiniti passaggi, le numerose definizioni che rendono appetibile la lettura del quadro. Esiste in questa opera una sorta di gigantismo fattuale che comporta anche una sorta di psicologismo, per cui lo spettatore si pone come interlocutore attivo di fronte all’opera, assumendone l’emotività, la pienezza fisica, la preziosità e la potenza espressiva.
Va dunque detto che la produzione pittorica del nostro artista dice chiaramente che la pittura non è lingua morta, e che le cose del quotidiano possono ancora essere raccontate. In ogni lavoro di Prestileo - pensiamo ancora al Giglio, alla Maternità perduta 2 - si avverte la passione che individua il principio della vita come armonia. Esiste qui una sorta di spiritualità che porta a ridare nuova misura all’immagine, riappropriandosi delle motivazioni e della lezione del museo, dove il costrutto dell’immagine si fa delicata epidermide che guarda indirettamente alla plasticità sensuale e alla volontà di chiarezza di un Ingres. Qui l’artista opera evidentemente non sulla memoria, ma sullo studio del modello, sull’attenzione analitica. In tutto questo esercizio che si pone al di là della retorica decorativa e accademica, c’è una scelta di campo che gioca tra l’immediatezza di un talento naturale e la laboriosa riaffermazione dell’oggetto pittorico. Erede dei maestri del Novecento che hanno dato il meglio subito dopo la prima guerra mondiale, egli vive il presente e il passato in una coniugazione unica, lavorando sulla qualità della forma, realizzata attraverso la ricerca di quella stessa qualità spirituale che appartiene ai maestri che guardarono al classicismo.
A Torino Felice Casorati aveva trasformato la figura umana in un archetipo plastico dove soprattutto era la virtù dello stile a dare senso e carne alla rappresentazione. La stessa virtù che Prestileo ci sembra possedere, dove l’estetismo si coniuga alla compostezza delle linee pittoriche, alla nitida struttura delle geometrie, al controllo intellettuale che sa realizzare il valore dell’apparizione. Se poi andiamo a misurare il perfezionismo di questa pittura precisa fino all’ossessione è evidente che per Prestileo, come ebbe a dire Constable, la pittura è una scienza e dovrebbe essere esercitata come fosse un’indagine sulle leggi della natura. Come i suoi maestri - e per maestri intendo la scuola di Valori Plastici di cui Prestileo è il degno continuatore - in tutto questo suo procedere e produrre è sempre presente la spinta di un’utopia che tende all’idealità dell’immagine, dove la pittura si fa strumento mirabile di contemplazione della bellezza. Ogni dipinto è dunque un pensiero trasparente dove l’immagine approfondisce e arricchisce le sensazioni di un artista, che ha maturato una sua riflessione speculativa col rigore di un matematico.
The Plasticity of Colour
AUTHOR: Paolo Levi
Enzo Prestileo At the first glance can deceive an average viewer. In fact, he could appear as a continuator of the Italian metaphysical tradition, while at most his paintings emanate the silence of a presence-absence, where we approach reality only to be immediately rejected, and where we finally land in a universe made of objective geometries of happy chromatic beauty.
For about three decades not only Italy but the whole Europe and the United States have seen what I would call the mâitres à penser of the vision occupying the panorama of art, which have defeated the canons and languages traditional in a sort of curious opera-show where painting has been replaced by photography or video.Enzo Prestileo is therefore an anomalous character, as he opposes the events of a momentarily victorious avant-garde. He enters the scene without being absolutely intimidated, and resumes the tiller where the painters of the twentieth century had left it, those who preached and applied the return to order after the futurist Buriana. He is a master of painting, still young in age, but with an ancient spirit that moves with the polite and civil silence of those who believe in the wonderful craftsmanship of sign and color, of those who are aware of the chromatic values, of the infinite passages that make the material vibrant to narrate figures, still lifes, silences that participate in the painting in its emblematic nature, in its own mysterious shadow.
The pictorial page of Enzo Prestileo is therefore a picture, a thought, a serene meditation, a contemplation of a reality that cannot always be understood, where subjectivity gives way to the cold naturalness of the object, but where the pictorial surface is mitigated by a plastic tactility that emanates, especially as regards the nude, the sense of a warm sensuality.
We are faced with a very marked individuality, which operates in difficult conditions, as its painting cannot that aprioristically be condemned by those who consider the ancient values that underlie it no longer affirmable. In contemporary art, and we know it well, everyone now travels on their own, and there is no longer even space to aggregate artists, critics and the market into currents or ideological movements. And if there is no longer even that game of the parts that arose in the late sixties with conceptual art, and if what remains is only more anarchy and dispersion, then we must be grateful to this artist who has armed himself with a palette and an old-fashioned brush, which has set itself the aim of anchoring beauty to form, to the preciousness of formally flawless research, and to situate itself in a sort of antiromantic neoclassicism.
The need to look at the object-body and the still-life object with the inquiring spirit of a rational critic, even I would say Cartesian, can be grasped in Prestileo's works. As the German poet Bertolt Brecht recited in a splendid poem, we live in dark times, and the tyranny of the massification that contemporary culture is forced to undergo has its roots in the loss of certainties and values, in that thought weak from which it is impossible to derive inner growth or wisdom: the feeling that often pervades us is that of falling due to the loss of handholds, for the impossibility of clinging to what the world of art offers us today. Thus this solitary voice, which has the merit in our eyes to demonstrate that it is still possible to work in continuity with respect to the past, and which knows how to rationally construct an exquisitely mental pictorial narrative, offers us an indirect criticism of contemporaneity, avoiding to participate in that minimalist and visceral subjectivity that is so typical of the contemporary cultural landscape, Painter of the absolutely clean palette, meditative performer of works that emit a typology of information outside of time and history, Prestileo exposes a commitment linked to quality. He moves in the dimension and static space of a cold and calculated architecture, where one can linger in reading and contemplation, where the gaze never slips into imbalance, where there is no room for error, and where compositional shifts are completely preordained in a construct that reveals creative tension and chromatic wisdom.
In the painting of the 1920s, research only partially solved the problem of recognizing the object. We think of Morandi's ruin, the objectivity of his figurative world, his pictorial order which was motivated by a sort of ethical philosophy pushed up to asceticism.For his part, our painter is not a philosopher, but rather a controlled meditative who cares that the object remains static in the emblematic closure of space. He is undoubtedly an anomalous case, which realizes the raison d'etre of his painting in the manual and artisan act, as a continuity of a historical experience where bodies and objects are told, or the phenomenology of everyday life imbued with melancholy and detached immediacy.
Born in Massa Lubrense near Naples in 1957, Prestileo has considerable theoretical skills, although we do not know that he wrote ideological posters for the rehabilitation of painting, to recreate a movement, or to have disciples around him. However, there is an ethical intention in his meditation on the figural as a sense of truth and beauty, as a return and renewal of the meaning contained in the emblematic content of the image, in the concreteness of a rigorous intellectual work, which has the strength of a page written with the handwriting of painting, which is made explicit with the emotional and vibrant tension of color. However in cases like this there must be no margin of error, as it could be easy to fall into the literary or, at least, in selfreference, or in a dialectic closed in on itself. Prestileo is perfectly aware of it and therefore carefully avoids this trap through the continuous attention he places on the drafting and weaving of all his works, which always it is played as a continually renewed bet with oneself and with the beholder. And each time the transparency of color, the calibrated play of shadows, the tonal wisdom combine to consolidate the dryness of the material, which is proposed as an emblem of wisdom and measure.
Going back therefore to the period of the 1920s, those marked by the return to order, with works such as Composition with grapes from 1996 or with Bucket of lemons from 1998, he fine-tunes his investigation between the passing of the visual moment and the precise scenic spectacle of the image - investigating which translates into a real fusion between two opposing instincts, that of immediacy and that of textual architecture meditated a priori. The dualism between absence and presence, outside of easy contamination and references to the present or the past, becomes a luminous construct where the feeling of the passage of time is primary, and where by contrast it is the shadow that represents the secret song that perhaps springs from the moods of the artist or from his own autobiography.
In paintings such as The Appointment, Intimacy or The Waiting it seems that the artist reiterates his will to reject any illustrative temptation, and that he wants to lead the observer to become part of that poignant sensation that is the material itself of a rediscovered memory. The semi-nakedness in works such as Abandonment and Nostalgia is then sublimated in a sort of sacred representation where the formal and plastic suggestion of the female figure amplifies and dilates the perception of a controlled sensuality.
In all these years, Enzo Prestileo has consistently taken the difficult path of still life and the nude without hesitation, which however should not be understood as exercises in style, but as the authentic re-appropriation of a genre in the manner of the ancient masters. But in fact his still lifes always enjoy a sort of abstraction process, almost as if he wanted to bring back to the canvas stories concluded in the dream space, where therefore the elements of nature are accessories. Lemon on the plate from 2001, The chiglie of 2001, Still life with shell of 2001, Prickly pears of 2002 are not random choices nor due to an exquisitely decorative calculation: still life here is an aesthetic problem to be solved, a counterpoint game between object and subject. poetic activity, a form with chromatic variables that results from a deep meditation on the spatial relationship. The result is a sort of aristocratic purity, which makes the composition curiously incommunicable in its classic composure, as if it were enveloped in the suspended atmosphere of a dream.
Giorgio Morandi declared that there is nothing more abstract than the real world. Enzo Prestileo poses to his conscience as a painter the Morandi axiom as a still open problem, so he never withdraws from the challenge that the semantic deepening of the real object offers him and, eluding its intrinsic evanescence, returns the essence of reality through a purified and emblematic style, which however keeps well away from the typical decorative hyperrealism of a certain painting of the late seventies. With the large canvas Rosaria and Michela of 2002 Enzo Prestileo definitively addresses the very definition of the physicality of the image, and solves the problem without exasperating its construct, but treating the pigment as a means of visual communication, as a primary measure of value figural. The spectator is therefore placed in a position to recognize the infinite passages, the numerous definitions that make the reading of the painting palatable. There exists in this work a sort of factual gigantism which also entails a kind of psychologism, whereby the spectator acts as an active interlocutor in front of the work, assuming its emotionality, physical fullness, preciousness and power. expressive.
It must therefore be said that our artist's pictorial production clearly says that painting is not a dead language, and that everyday things can still be told. In every work of Prestileo - we still think about Giglio, about lost Maternity 2 -he feels the passion that identifies the principle of life as harmony. Here there is a sort of spirituality that leads to restoring the image to a new dimension, reappropriating the museum's motivations and lesson, where the construct of the image becomes a delicate epidermis that indirectly looks at the sensual plasticity and desire for clarity of an Ingres. Here the artist evidently works not on memory, but on the study of the model, on analytical attention. In all this exercise that goes beyond decorative and academic rhetoric, there is a choice of field that plays between the immediacy of a natural talent and the laborious reaffirmation of the pictorial object.Heir of the masters of the twentieth century who gave their best immediately after the First World War, he lives the present and the past in a unique conjugation, working on the quality of form, achieved through the search for that same spiritual quality that belongs to the masters who looked to the class.
In Turin Felice Casorati had transformed the human figure into a plastic archetype where above all it was the virtue of style that gave meaning and flesh to the representation. The same virtue that Prestileo seems to possess, where aestheticism is combined with the composure of the pictorial lines, the clear structure of the geometries, the intellectual control that knows how to achieve the value of the apparition. If we then go on to measure the perfectionism of this precise painting up to the obsession, it is clear that for Prestileo, as Constable said, painting is a science and should be exercised as if it were an investigation into the laws of nature. Like his teachers - and by masters I mean the school of plastic values of which Prestileo is the worthy follower - in all his progress and production there is always the thrust of a utopia that tends towards the ideality of the image, where painting becomes an admirable tool for contemplating beauty. Each painting is therefore a transparent thought where the image deepens and enriches the sensations of an artist, who has matured his speculative reflection with the rigor of a mathematician.
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